Youtuber, così si buca il video

24 Set 2016 -

Youtuber, così si buca il video

Quando sempre più spesso i vostri figli vi replicano – alle domande più disparate – di aver già trovato una risposta su YouTube, perché un ragazzo come loro, dal suo canale, ha fornito in un video tutte le spiegazioni di cui avevano bisogno, o quando, la sera, si allontanano discretamente dalla televisione per attaccarsi al cellulare e far scorrere video dei loro youtubers preferiti, vi accorgete che forse c’è qualcosa che vi sta sfuggendo e di cui dovreste occuparvi.
Vi rendete conto improvvisamente che i vostri figli considerano autorevoli, degni di fiducia e anche di una singolare forma di empatia, personaggi che voi non soltanto non conoscete, ma dei quali fino a ieri nemmeno sospettavate l’esistenza, che vi risultano difficili da inquadrare, e che sfuggono alle categorie tradizionali della comunicazione: tanto è vero che l’unico modo per definirli è riferirsi al nome del sito su cui i loro video vengono ospitati. Avete allora due possibilità: richiudere lo spiraglio che si è aperto su un mondo per voi totalmente nuovo, liquidando la questione come “ragazzata”, moda passeggera che presto si estinguerà, oppure cercare di capire come sia possibile che un manipolo di perfetti sconosciuti che guardano vostro figlio o figlia dritto negli occhi dalla finestra video dello smartphone siano ormai diventati per lui o lei compagni quasi imprescindibili delle sue giornate. Tutto è cominciato con il video di un ragazzo di origini tedesche allo zoo di San Diego, nel 2005. YouTube nasceva così, come un servizio per facilitare lo scambio dei propri video con amici e parenti su Internet, nel più genuino spirito di quel web 2.0 cui siamo ormai abituati oggi, dove protagonisti sono gli stessi utenti. Nel giro di un anno era già chiaro che il sito non si limitava a ospitare saluti da paesi esotici, primi passi di neonati o rocambolesche gesta di – peraltro imprescindibili – gattini. Fu Google a intravvederne le possibilità e ad acquisirlo nel 2006.

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Quando sempre più spesso i vostri figli vi replicano – alle domande più disparate – di aver già trovato una risposta su YouTube, perché un ragazzo come loro, dal suo canale, ha fornito in un video tutte le spiegazioni di cui avevano bisogno, o quando, la sera, si allontanano discretamente dalla televisione per attaccarsi al cellulare e far scorrere video dei loro youtubers preferiti, vi accorgete che forse c’è qualcosa che vi sta sfuggendo e di cui dovreste occuparvi.
Vi rendete conto improvvisamente che i vostri figli considerano autorevoli, degni di fiducia e anche di una singolare forma di empatia, personaggi che voi non soltanto non conoscete, ma dei quali fino a ieri nemmeno sospettavate l’esistenza, che vi risultano difficili da inquadrare, e che sfuggono alle categorie tradizionali della comunicazione: tanto è vero che l’unico modo per definirli è riferirsi al nome del sito su cui i loro video vengono ospitati. Avete allora due possibilità: richiudere lo spiraglio che si è aperto su un mondo per voi totalmente nuovo, liquidando la questione come “ragazzata”, moda passeggera che presto si estinguerà, oppure cercare di capire come sia possibile che un manipolo di perfetti sconosciuti che guardano vostro figlio o figlia dritto negli occhi dalla finestra video dello smartphone siano ormai diventati per lui o lei compagni quasi imprescindibili delle sue giornate. Tutto è cominciato con il video di un ragazzo di origini tedesche allo zoo di San Diego, nel 2005. YouTube nasceva così, come un servizio per facilitare lo scambio dei propri video con amici e parenti su Internet, nel più genuino spirito di quel web 2.0 cui siamo ormai abituati oggi, dove protagonisti sono gli stessi utenti. Nel giro di un anno era già chiaro che il sito non si limitava a ospitare saluti da paesi esotici, primi passi di neonati o rocambolesche gesta di – peraltro imprescindibili – gattini. Fu Google a intravvederne le possibilità e ad acquisirlo nel 2006.

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