Lev Manovich: la nuova estetica dell’informazione

22 Giu 2005 -

Lev Manovich: la nuova estetica dell’informazione

Lo studioso russo – di recente in Italia per un ciclo di conferenze – spiega a Stefania Garassini quali sono le prospettive dell’”infoestetica”, nuova disciplina che studia le forme che assumono i dati nell’era del sovraccarico informativo .

Il flusso dell’acqua cambia a seconda del variare della quotazione di un titolo alla borsa di New York, oppure è legato al valore di una certa moneta sui principali mercati mondiali. Una fontana di dati (data fountain ), che ben rappresenta l’alluvione di informazioni cui siamo sottoposti quotidianamente. Il funzionamento è piuttosto semplice: la fontana è collegata a Internet, riceve le informazioni sull’andamento del titolo o della valuta e le traduce in variazioni dell’altezza del getto d’acqua. Il primo modello del genere è stato creato al centro di Ricerca Xerox Parc (oggi soltanto PARC, culla delle più importanti innovazioni nella storia del personal computer) e una nuova versione è stata proposta di recente da un gruppo di artisti e designer olandesi . Qui la forma è letteralmente generata dall’informazione. La logica del software, dei flussi di dati che pervadono la rete e si estendono ormai sempre più spesso al di fuori di essa, impone le sue regole nel mondo reale. È il territorio dell’”infoestetica”, alla quale Lev Manovich, autore di Il linguaggio dei nuovi media (Olivares, 2001), sta dedicando il suo nuovo libro. Manovich , che Domus ha già incontrato (nell’ottobre 2003), è stato di recente in Italia per un ciclo di conferenze e ha illustrato i capisaldi della sua nuova teoria.

“L’infoestetica è una disciplina che studia i modi in cui la cultura contemporanea risponde alla sfida di gestire, archiviare e distribuire quantità crescenti di dati – spiega lo studioso –: nascono così nuove sensibilità estetiche, forme e strategie di comunicazione, dal design all’architettura, dal cinema alla progettazione di interfacce uomo-computer”. Dal cyberspazio, regno di pura informazione, la cascata di dati arriva a invadere il mondo materiale e lo plasma secondo categorie inedite. Ogni oggetto può ormai trasformarsi in un’interfaccia, ospitare uno schermo e quindi aprire potenzialmente una finestra su un panorama di dati. Un esempio sono le media skin , facciate o intere superfici di edifici che ospitano contributi video, in alcuni casi visualizzazioni di flussi informativi in perenne cambiamento. Il museo d’arte di Graz è ricoperto da una superficie di metacrilato nella quale sono integrate 930 piccole luci, come altrettanti pixel che si attivano per generare continue animazioni. “Informazione e forma qui lavorano insieme creando oggetti ibridi molto interessanti”, spiega Manovich. In modo simbolico questa tendenza è ben rappresentata dalle costruzioni di Frank Gehry, nelle quali la forma sembra l’istantanea di un processo fluido, in costante evoluzione.

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Lo studioso russo – di recente in Italia per un ciclo di conferenze – spiega a Stefania Garassini quali sono le prospettive dell’”infoestetica”, nuova disciplina che studia le forme che assumono i dati nell’era del sovraccarico informativo .

Il flusso dell’acqua cambia a seconda del variare della quotazione di un titolo alla borsa di New York, oppure è legato al valore di una certa moneta sui principali mercati mondiali. Una fontana di dati (data fountain ), che ben rappresenta l’alluvione di informazioni cui siamo sottoposti quotidianamente. Il funzionamento è piuttosto semplice: la fontana è collegata a Internet, riceve le informazioni sull’andamento del titolo o della valuta e le traduce in variazioni dell’altezza del getto d’acqua. Il primo modello del genere è stato creato al centro di Ricerca Xerox Parc (oggi soltanto PARC, culla delle più importanti innovazioni nella storia del personal computer) e una nuova versione è stata proposta di recente da un gruppo di artisti e designer olandesi . Qui la forma è letteralmente generata dall’informazione. La logica del software, dei flussi di dati che pervadono la rete e si estendono ormai sempre più spesso al di fuori di essa, impone le sue regole nel mondo reale. È il territorio dell’”infoestetica”, alla quale Lev Manovich, autore di Il linguaggio dei nuovi media (Olivares, 2001), sta dedicando il suo nuovo libro. Manovich , che Domus ha già incontrato (nell’ottobre 2003), è stato di recente in Italia per un ciclo di conferenze e ha illustrato i capisaldi della sua nuova teoria.

“L’infoestetica è una disciplina che studia i modi in cui la cultura contemporanea risponde alla sfida di gestire, archiviare e distribuire quantità crescenti di dati – spiega lo studioso –: nascono così nuove sensibilità estetiche, forme e strategie di comunicazione, dal design all’architettura, dal cinema alla progettazione di interfacce uomo-computer”. Dal cyberspazio, regno di pura informazione, la cascata di dati arriva a invadere il mondo materiale e lo plasma secondo categorie inedite. Ogni oggetto può ormai trasformarsi in un’interfaccia, ospitare uno schermo e quindi aprire potenzialmente una finestra su un panorama di dati. Un esempio sono le media skin , facciate o intere superfici di edifici che ospitano contributi video, in alcuni casi visualizzazioni di flussi informativi in perenne cambiamento. Il museo d’arte di Graz è ricoperto da una superficie di metacrilato nella quale sono integrate 930 piccole luci, come altrettanti pixel che si attivano per generare continue animazioni. “Informazione e forma qui lavorano insieme creando oggetti ibridi molto interessanti”, spiega Manovich. In modo simbolico questa tendenza è ben rappresentata dalle costruzioni di Frank Gehry, nelle quali la forma sembra l’istantanea di un processo fluido, in costante evoluzione.

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