La tecnologia va a scuola

6 Mar 2012 -

La tecnologia va a scuola

Il matematico e studioso di educazione Seymour Papert ama raccontare la storiella di due viaggiatori nel tempo provenienti dal diciottesimo secolo. Aggirandosi per il mondo com’è oggi i due troverebbero senz’altro differenze enormi rispetto alla loro epoca. Il solo luogo dove potrebbero sentirsi relativamente a proprio agio, perché piuttosto simile a quello che conoscono, sarebbe un’aula scolastica. Il mondo intorno cambia a ritmi vertiginosi, ma tra le mura delle scuole sembra che tutto rimanga pressoché immutabile.Oggi quell’immagine non è più totalmente veritiera. Anche nel nostro Paese le cose stanno cambiando più rapidamente di quanto si creda. Il ministero dell’Istruzione, l’Università e la Ricerca sta profondendo da alcuni anni uno sforzo considerevole per attrezzare le aule scolastiche con dispositivi tecnologici di vario genere, prima fra tutti la Lavagna interattiva multimediale (Lim), che da oggetto vagamente esoterico è diventata uno strumento familiare e utilizzato in molte scuole (il 30% tra statali, paritarie e private vedi box e tabella dati). Il progetto Classi 2.0 ha visto la partecipazione di 156 scuole secondarie di primo grado, cui in seguito si sono aggiunte anche alcune primarie. Più di recente, una circolare ministeriale ha imposto che dall’anno scolastico 2012/2013 tutti i testi siano realizzati in forma mista, in parte cartacea e in parte digitale.In generale il tentativo è quello di togliere la tecnologia dal “ghetto” del laboratorio d’informatica per farla diventare davvero uno strumento utile a studiare e comprendere meglio tutte le materie scolastiche. Un’accelerazione brusca e salutare in questa direzione l’ha provocata ancora una volta – manco a dirlo – Steve Jobs, che ha lasciato in eredità alla sua Apple una spiccata propensione verso la scuola e l’istruzione in generale.

Continua a leggere su Avvenire.it


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

La tecnologia va a scuola

Il matematico e studioso di educazione Seymour Papert ama raccontare la storiella di due viaggiatori nel tempo provenienti dal diciottesimo secolo. Aggirandosi per il mondo com’è oggi i due troverebbero senz’altro differenze enormi rispetto alla loro epoca. Il solo luogo dove potrebbero sentirsi relativamente a proprio agio, perché piuttosto simile a quello che conoscono, sarebbe un’aula scolastica. Il mondo intorno cambia a ritmi vertiginosi, ma tra le mura delle scuole sembra che tutto rimanga pressoché immutabile.Oggi quell’immagine non è più totalmente veritiera. Anche nel nostro Paese le cose stanno cambiando più rapidamente di quanto si creda. Il ministero dell’Istruzione, l’Università e la Ricerca sta profondendo da alcuni anni uno sforzo considerevole per attrezzare le aule scolastiche con dispositivi tecnologici di vario genere, prima fra tutti la Lavagna interattiva multimediale (Lim), che da oggetto vagamente esoterico è diventata uno strumento familiare e utilizzato in molte scuole (il 30% tra statali, paritarie e private vedi box e tabella dati). Il progetto Classi 2.0 ha visto la partecipazione di 156 scuole secondarie di primo grado, cui in seguito si sono aggiunte anche alcune primarie. Più di recente, una circolare ministeriale ha imposto che dall’anno scolastico 2012/2013 tutti i testi siano realizzati in forma mista, in parte cartacea e in parte digitale.In generale il tentativo è quello di togliere la tecnologia dal “ghetto” del laboratorio d’informatica per farla diventare davvero uno strumento utile a studiare e comprendere meglio tutte le materie scolastiche. Un’accelerazione brusca e salutare in questa direzione l’ha provocata ancora una volta – manco a dirlo – Steve Jobs, che ha lasciato in eredità alla sua Apple una spiccata propensione verso la scuola e l’istruzione in generale.

Continua a leggere su Avvenire.it


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *