Il filtro di Agcom, un aiuto per le famiglie

28 Gen 2023 -

Il filtro di Agcom, un aiuto per le famiglie

E’ da accogliere con favore la notizia della delibera di Agcom (l’Autorità garante per le comunicazioni del nostro Paese) relativa alla “protezione dei minori nel cyberspazio”, che impone agli operatori di predisporre filtri con lo scopo di impedire ai minori l’accesso a contenuti inadatti.

In pratica nei nuovi contratti con i fornitori di connessione dovrà essere previsto un filtro preimpostato, che renderà impossibile navigare in siti pornografici e in generale contenenti materiali vietati ai minori, e che toccherà ai clienti maggiorenni disattivare. Per i contratti esistenti vi sarà la possibilità di attivare tale filtro.

Il pronunciamento Agcom arriva dopo un periodo di consultazione pubblica sulle linee guida da adottare per dare attuazione a un decreto legge precedente (30 aprile 2020) che dava questa indicazione: “I contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 devono prevedere tra i servizi preattivati sistemi di parental control ovvero di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco a contenuti riservati a un pubblico di età superiore agli anni diciotto”. E ancora: “Questi servizi devono essere gratuiti e disattivabili solo su richiesta del consumatore, titolare del contratto”.

Nella delibera del 26 gennaio scorso  Agcom specifica che le modalità di attivazione, disattivazione e configurazione dei sistemi di parental control “devono essere realizzabili in modo semplice e intuitivo mediante interfaccia web o App sul terminale e il cliente deve poter selezionare le categorie da bloccare”. Inoltre andranno fornite istruzioni chiare su come utilizzare tali servizi. Tra le tipologie di contenuti bloccati l’Autorità cita, a titolo di esempio, oltre naturalmente alla pornografia, “gioco d’azzardo/scommesse, armi, violenza, odio e discriminazione, promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche”.

Sulla carta dunque si tratta di un aiuto notevole per le famiglie nella difficile ricerca di un uso più consapevole della tecnologia. Non sarà però facile l’attuazione pratica di tale delibera. Due in particolare gli aspetti critici: il primo è “la neutralità” degli operatori, che non potrebbero essere ritenuti responsabili dei contenuti che vengono trasmessi attraverso i loro servizi online, non più di quanto lo siano i proprietari delle linee telefoniche rispetto al contenuto delle telefonate. Il secondo è relativo alla privacy, e alla difficoltà di stabilire con certezza l’età di chi si collega, se non attingendo a un database con dati sensibili come documenti e probabilmente anche numero di carta di credito.

E’ innegabile che un’Internet davvero libera sia un patrimonio prezioso per tutti e che ci siano difficoltà tecniche e giuridiche di non poco conto, ma è altrettanto vero che le aziende informatiche hanno energie e risorse per cercare una soluzione, forse non perfetta, ma accettabile. Perché ciò avvenga è però necessario capire fino in fondo la posta in gioco, già ben chiara all’ex premier inglese David Cameron, che in un vibrante discorso del 2013 esprimeva seria preoccupazione riguardo alla tutela dei minori online: “Ora, naturalmente, un Internet libero e aperto è fondamentale – diceva Cameron – . Ma in nessun altro mercato e in nessun altro settore abbiamo un approccio così straordinariamente leggero quando si tratta di proteggere i nostri bambini. I minori non possono andare nei negozi o al cinema a comprare cose destinate agli adulti o a fare esperienze adulte; giustamente ci impegniamo per proteggerli. Ma quando si tratta di Internet, nell’equilibrio tra libertà e responsabilità, abbiamo trascurato la nostra responsabilità nei confronti dei bambini”.

La soluzione tecnica proposta da Cameron era del tutto analoga a quella delineata da Agcom, ovvero un filtro preimpostato dagli operatori che offrono la connessione alla Rete. Purtroppo al fervore di Cameron non è seguito un impegno concreto da parte dei legislatori e degli operatori e di fatto in Gran Bretagna la situazione è affidata alla libera iniziativa dei singoli provider.

In Italia la delibera di Agcom apre uno spiraglio, e non va lasciata cadere. Esprime, ed è questo l’aspetto più importante, la consapevolezza della necessità di una vera ed efficace tutela dei minori, come priorità di una comunità e non affidata esclusivamente alle famiglie. Se come società riteniamo che ci siano contenuti altamente dannosi per i bambini è giusto che ci attiviamo per renderli inaccessibili, esattamente come accade nel mondo reale, dove gli articoli vietati ai minori sono di difficile reperibilità. Certamente questi parental control da soli non basteranno (peraltro non sono applicabili al magmatico mondo dei social media), il filtro migliore restano sempre i genitori, ma sono un aiuto e un incoraggiamento a famiglie che si sentono sempre più sole e spaesate nell’impegno di educare i propri figli al digitale.


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Il filtro di Agcom, un aiuto per le famiglie

E’ da accogliere con favore la notizia della delibera di Agcom (l’Autorità garante per le comunicazioni del nostro Paese) relativa alla “protezione dei minori nel cyberspazio”, che impone agli operatori di predisporre filtri con lo scopo di impedire ai minori l’accesso a contenuti inadatti.

In pratica nei nuovi contratti con i fornitori di connessione dovrà essere previsto un filtro preimpostato, che renderà impossibile navigare in siti pornografici e in generale contenenti materiali vietati ai minori, e che toccherà ai clienti maggiorenni disattivare. Per i contratti esistenti vi sarà la possibilità di attivare tale filtro.

Il pronunciamento Agcom arriva dopo un periodo di consultazione pubblica sulle linee guida da adottare per dare attuazione a un decreto legge precedente (30 aprile 2020) che dava questa indicazione: “I contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 devono prevedere tra i servizi preattivati sistemi di parental control ovvero di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco a contenuti riservati a un pubblico di età superiore agli anni diciotto”. E ancora: “Questi servizi devono essere gratuiti e disattivabili solo su richiesta del consumatore, titolare del contratto”.

Nella delibera del 26 gennaio scorso  Agcom specifica che le modalità di attivazione, disattivazione e configurazione dei sistemi di parental control “devono essere realizzabili in modo semplice e intuitivo mediante interfaccia web o App sul terminale e il cliente deve poter selezionare le categorie da bloccare”. Inoltre andranno fornite istruzioni chiare su come utilizzare tali servizi. Tra le tipologie di contenuti bloccati l’Autorità cita, a titolo di esempio, oltre naturalmente alla pornografia, “gioco d’azzardo/scommesse, armi, violenza, odio e discriminazione, promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche”.

Sulla carta dunque si tratta di un aiuto notevole per le famiglie nella difficile ricerca di un uso più consapevole della tecnologia. Non sarà però facile l’attuazione pratica di tale delibera. Due in particolare gli aspetti critici: il primo è “la neutralità” degli operatori, che non potrebbero essere ritenuti responsabili dei contenuti che vengono trasmessi attraverso i loro servizi online, non più di quanto lo siano i proprietari delle linee telefoniche rispetto al contenuto delle telefonate. Il secondo è relativo alla privacy, e alla difficoltà di stabilire con certezza l’età di chi si collega, se non attingendo a un database con dati sensibili come documenti e probabilmente anche numero di carta di credito.

E’ innegabile che un’Internet davvero libera sia un patrimonio prezioso per tutti e che ci siano difficoltà tecniche e giuridiche di non poco conto, ma è altrettanto vero che le aziende informatiche hanno energie e risorse per cercare una soluzione, forse non perfetta, ma accettabile. Perché ciò avvenga è però necessario capire fino in fondo la posta in gioco, già ben chiara all’ex premier inglese David Cameron, che in un vibrante discorso del 2013 esprimeva seria preoccupazione riguardo alla tutela dei minori online: “Ora, naturalmente, un Internet libero e aperto è fondamentale – diceva Cameron – . Ma in nessun altro mercato e in nessun altro settore abbiamo un approccio così straordinariamente leggero quando si tratta di proteggere i nostri bambini. I minori non possono andare nei negozi o al cinema a comprare cose destinate agli adulti o a fare esperienze adulte; giustamente ci impegniamo per proteggerli. Ma quando si tratta di Internet, nell’equilibrio tra libertà e responsabilità, abbiamo trascurato la nostra responsabilità nei confronti dei bambini”.

La soluzione tecnica proposta da Cameron era del tutto analoga a quella delineata da Agcom, ovvero un filtro preimpostato dagli operatori che offrono la connessione alla Rete. Purtroppo al fervore di Cameron non è seguito un impegno concreto da parte dei legislatori e degli operatori e di fatto in Gran Bretagna la situazione è affidata alla libera iniziativa dei singoli provider.

In Italia la delibera di Agcom apre uno spiraglio, e non va lasciata cadere. Esprime, ed è questo l’aspetto più importante, la consapevolezza della necessità di una vera ed efficace tutela dei minori, come priorità di una comunità e non affidata esclusivamente alle famiglie. Se come società riteniamo che ci siano contenuti altamente dannosi per i bambini è giusto che ci attiviamo per renderli inaccessibili, esattamente come accade nel mondo reale, dove gli articoli vietati ai minori sono di difficile reperibilità. Certamente questi parental control da soli non basteranno (peraltro non sono applicabili al magmatico mondo dei social media), il filtro migliore restano sempre i genitori, ma sono un aiuto e un incoraggiamento a famiglie che si sentono sempre più sole e spaesate nell’impegno di educare i propri figli al digitale.


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